È un’ottima considerazione la sua che ci permette di aprire una parentesi sul concetto di difesa che la Natura applica alle piante. Nella loro evoluzione, che vanta tempi ben più lunghi di quelli dell’uomo, tutte le piante hanno dovuto elaborare dei sistemi per difendersi dai possibili aggressori: potevano essere dei semplici erbivori che se ne cibavano oppure degli insetti parassiti che ne succhiavano la linfa o utilizzavano le piante come nido per le loro larve.
I sistemi elaborati dalla natura prevedono la produzione di enzimi, ferormoni, oli essenziali, volti ad allontanare il possibile predatore. È una difesa talvolta molto elaborata, capace di discriminare tra le possibili specie che si avvicinano alla pianta. Alcuni fiori hanno colori e profumi atti ad attirare alcuni insetti (utili impollinatori) e allontanarne altri (parassiti).
Sotto questo punto di vista tutte le piante sono in qualche modo “tossiche” in quanto tutte quelle che hanno negli ultimi millenni superato l’aggressione dei potenziali “nemici” hanno sviluppato dei modi per tenerli lontano. Gli animali sanno bene quali piante fanno male e se ne tengono lontano, così come gli afidi trovano ripugnante l’odore dell’aglio o la cavolaia non sopporta il nasturzio.
È bene sottolineare come i sistemi di difesa che vediamo nelle piante non siano volte a distruggere il possibile nemico, ma solo tenerlo lontano: le piante non producono insetticidi, ma repellenti. A parte si pongono le cosiddette carnivore che si cibano degli insetti, ma è evidente che è un altro discorso.
Le piante, in questo loro modo di difendersi, non hanno alcuna velleità relativa alla zona. Un cane o un gatto sappiamo che segnano la loro zona di caccia o di accoppiamento, la difendono e si battono per il predominio dell’area. Le piante sono estremamente individualiste nella loro difesa: proteggono se stesse, non la zona.
Dunque è ben vero che un geranio allontana le zanzare che trovano questa pianta disgustosa, ma è altrettanto vero che le stesse zanzare sono libere di circolare a 30-40 cm da essa senza alcun problema. È la pianta che è inappetibile, non l’area circostante. Per tornare al suo discorso è dunque vero che questo crea una sorta di barriera, ma molto circoscritta. A tal proposito sono state fatte delle selezioni di piante in cui si è cercato di esaltare questa naturale capacità repulsiva. Il caso più noto è la Catambra, una particolare selezione della Catalpa in cui l’area di repulsione, una sorta di no-fly zone, è estesa oltre l’intera chioma.
Ma normalmente l’area di influenza è limitata a uno spazio molto ristretto. Anche se l’esempio può risultare poco carino, è come quando sulla metropolitana sale una persona che non si è lavata: l’area intorno al lui sarà meno frequentata (se e dove è possibile), ma non si svuota l’intera carrozza.
Così nell’orto o sul balcone: le piante contribuiscono ad allottare i parassiti e, se sono poste vicino alle piante che ne vanno soggette, possono essere risolutive. Senza con questo diventare miracolose.