Sostenibilità
A proposito di CO2
L’emergenza dettata dai cambiamenti climatici in atto vede nell’aumento della CO2 nell’atmosfera l’ormai indiscussa causa prima. E il principale responsabile di questo fenomeno è nell’attività umana, nelle fabbriche, nell’uso crescente di sostanze fossili, carbone e petrolio. Da qui le nuove direttive che impongono una decisa svolta nell’utilizzo delle risorse fossili a beneficio delle cosiddette energie rinnovabili.
Non ci interessa qui aprire una discussione sulla effettiva validità di queste nuove forme di energia, cosa che meriterebbe senza dubbio un ampio discorso a parte.
Concentriamoci invece sulla CO2 e sul suo possibile contenimento.
Cos’è la CO2
L’abbiamo sempre chiamata anidride carbonica anche se questa definizione non è corretta perché il termine “anidride” si applica ai composti organici, mentre la CO2 è un composto inorganico. Il suo nome corretto dovrebbe essere quindi “diossido (o biossido) di carbonio”.
Al di là di questa precisazione, la CO2 è un ossido di carbonio legato a due atomi di ossigeno a formare un gas incolore e inodore normalmente presente nell’atmosfera.
È generato dalla combustione di gas naturale, metano o carbone, nonché dalla combustione di combustibili fossili.
La presenza di CO2 nell’atmosfera è rimasta pressoché stabile a un livello di circa lo 0,03% (280 ppm) negli ultimi millenni, ma è salita a 0,04% (418 ppm) negli ultimi 50 anni, evidentemente a causa dell’industralizzazione, l’utilizzo massiccio di combustibili fossili sia nella produzione di energia sia nei trasporti.
Dov’è il problema
Guardando i lvelli di concentrazione ci si può chiedere se valori tanto bassi, benché in deciso aumento, possano costituire un reale problema.
È bene precisare che il biossido di carbonio non è un gas tossico; la sua maggiore o minore concentrazione a questi livelli non determina quindi un diretto problema per l’organismo umano.
È un gas però che manifesta un deciso effetto serra, ovvero limita la dispersione del calore dalla superficie provocandone un progressivo riscaldamento. Al calore prodotto dal sole non corrisponde un’adegata dispersione.
Parte della CO2 è naturalmente sciolta nell’acqua: la sua presenza maggiore o minore ne varia però sensibilmente l’acidità. Va da sé che le forme di vita presenti nei mari e nei laghi possano risentire direttamente di un’eventuale variazione del pH.
Come ridurre la produzione di CO2
È evidente come l’eliminazione dei combustibili fossili sia la soluzione quasi scontata per la riduzione della CO2. Questa si attua con i sistemi indicati dalle ultime raccomandazioni europee, ma con dei limiti evidenti. È importante considerare come l’adozione delle cosiddette energie rinnovabili non può produrre infatti gli effetti auspicati. Dobbiamo infatti considerare che la produzione di un pannello fotovoltaico comporta un consumo di energia e una conseguente produzione di CO2 estremamente elevata: il bilancio, sia chiaro, è comunque positivo, ma il beneficio rimane molto contenuto e, allo stato attuale della tecnologia, quasi ininfluente.
Tecnicamente parlando, le uniche fonti di energia realmente positive sotto questo aspetto rimangono l’idroelettrico e il nucleare.
E poi c’è la deforestazione
A fronte dell’attività industriale che ha aumentato la produzione di CO2, va considerata la forte azione di deforestazione compiuta nello stesso periodo.
Si è calcolato (fonte UE) che tra il 1990 e il 2020 sono andati persi 420 milioni di ettari di foresta, un’area equivalente a quella dell’Unione Europea. Questo è avvenuto principalmente in Sud America, Congo e Sud-Est asiatico a causa dell’aumento dei terreni coltivabili o destinati all’allevamento e in parte all’urbanizzazione.
Appare difficile impedire a questi Paesi di proseguire in questa attività: hanno necessità che cercano di soddisfare così come, in fondo, ha fatto l’Europa nei secoli passati (ai tempi degli antichi Romani, l’Europa era tutta una foresta).
Se, quindi, da una parte abbiamo un aumento della produzione di CO2, dall’altro abbiamo una costante riduzione della capacità di smaltimento della stessa ad opera delle piante.
Un colpo al cerchio e uno alla botte
Se da un lato la riduzione della produzione di CO2 rimane sempre una soluzione valida e necessaria, per altro verso varrebbe la pena considerare come sia possibile, in modo assolutamente naturale, ridurre la concentrazione di CO2 riportandola ai valori preindustriali.
Madre natura lo fa da sempre con le piante. Grazie alla fotosintesi infatti, le piante assorbono la CO2, la scindono in Carbonio e Ossigeno, regalandoci un’atmosfera respirabile.
È possibie attuare politiche che riducano la deforestazione, ma al contempo incentivare l’aumento del verde in ogni spazio utile.
Si tratta in primis di difendere il patrimonio forestale che abbiamo e che viene ogni anno devastato da incendiari incoscienti e criminali.
E poi bisogna impegnarsi a piantare nuovi alberi, ma anche ripensare seriamente al taglio indiscriminato dell’erba (anch’essa contribuisce ad assorbire la CO2), lasciando così che le piante vi possano crescere, e, non ultimo, intervenire sulla capitozzatura degli alberi cittadini che, oltre a danneggiare le piante, riduce drasticamente la loro funzione per almeno due anni, impedendone lo sviluppo.
In questo ognuno può fare la propria parte. Possiamo raccogliere i semi, le ghiande, le nocciole e spargerli fuori dal centro abitato dove possano liberamente attecchire.
Possiamo impedire che nel nostro condominio vengano fatte potature sciagurate e possiamo smetterla di pretendere di vedere prati all’inglese ovunque, quasi non fossimo in Italia.