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L' uomo che fa crescere le foreste

Perché un terreno incolto si trasformi in bosco o foresta sono necessari cento anni; tanto è il tempo perché le piante si insedino e creino quel microclima necessario perché le piante maggiori possano sopravvivere e svilupparsi completamente.

L’ingegnere indiano Shubhendu Sharma lo fa in soli dieci anni. La sua impresa, oggi affermata, si chiama Afforestt e mette in pratica studi ed esperienze, le più diverse, per accelerare il processo con eccellenti risultati. In forza alla Toyota, l’allora giovane Shubhendu rimase affascinato dall’incontro con un botanico giapponese, Akira Miyawaki, chiamato per riqualificare un’area aziendale in India. Il giapponese, allora ultraottantenne (è nato nel 1928) vanta la piantumazione di oltre 40 milioni di alberi in tutto il mondo e ha sviluppato per questo una tecnica estremamente efficiente per il rimboschimento di aree devastate da incendi, sfruttate o incolte.

Il metodo Miyawaki prevede la realizzazione di rimboschimento a più livelli, dove non siano presenti solo grandi alberi, ma, come avviene in natura, vi siano piante grandi e piccole, tali da formare una grande massa fogliare, fino a trenta volte superiore a una coltivazione monocolturale. Questa modalità permette di creare un microclima che facilita lo sviluppo delle piante che crescono più in fretta, raggiungendo una sostanziale autonomia in molto minor tempo.

L’incontro del botanico con l’ingegnere ha permesso di affinare una serie di procedure atte a realizzare un bosco o una foresta in pochissimo tempo partendo da una superficie incolta se non addirittura desertificata. La sua metodologia, sostenuta anche dal Wwf, permette oggi a governi come ad aziende e privati di rimboschire vaste aree in breve tempo.

La tecnica Miyawaki è una metodologia unica che ha dimostrato di funzionare in tutto il mondo, indipendenntemente dalle condizioni pedoclimatiche. Grazie a questa tecnologia sono state create ad oggi più di 3.000 foreste nel mondo.

Quello che si ottiene è un bosco 30 volte più denso rispetto ai metodi tradizionali di rimboschimento, un’area completamente esente da manutenzione perché si autoalimenta già dopo i primi tre anni, in grado di sostenere la biodiversità locale e che non fa assolutamente uso di alcun prodotto chimico.

Come si può leggere nel sito di Afforrestt.com, si procede attraverso sei step definiti.

Step 1 – Indagine sulle specie autoctone

La prima cosa che viene fatta è un’indagine sulle specie autoctone, la loro classificazione e distribuzione. È un aspetto delicatoe strategico. Molte volte, quando si vuole rimboscare un’area si scelgono specie non autoctone che hanno una notevole difficoltà a insediarsi. Nella prima fase, Afforrestt prende in considerazione gli alberi, gli alberelli, gli arbusti e le piante coprisuolo tipiche del territorio.

Di ogni specie viene valutata la presenza in percentuale nell’ambiente: l’obiettivo è cercare di riprodurre una sitazione vegetativa più simile possibile a quella naturale. Determinata quindi un’area tipo, si contano le piante, si classificano e si crea una mappa tipo con la percentuale di specie presenti e da riprodurre.

Si prepara quindi un vero e proprio vivaio dove si mettono a radicare le talee delle piante disponibili.

Step 2 – Preparazione della biomassa

La seconda fase concerne l’analisi del suolo e la preparazione della biomassa necessaria. Il terreno viene analizzato chimicamente e si procede quindi alla preparazione della biomassa necessaria per renderlo fertile e migliorarne la ritenzione idrica. Questa viene ottenuta, a seconda della stagione, sfruttando foglie, sfalci, legno, tutto quello che si può trovare nel raggio di 50 km e che può creare una sorta di enorme compostaggio di rifiuti verdi. Nella preparazione della biomassa si privilegia il letame bovino ed equino che viene mescolato a paglia sminuzzata.

Il letame viene impiegato anche per realizzare una sorta di potenziatore della flora microbica, mescolandolo all’acqua e lasciandolo “maturare” in questa soluzione. Questo preparato servirà ad innescare i processi naturali di decadimento della materia organica rendendo fertile il terreno.

Step 3 – Il lavoro del terreno

Il lavoro più oneroso è rivolto al suolo. L’area su cui deve sorgere il nuovo bosco deve essere scavata per un metro di profondità. Questa profondità si rende necessaria per creare i presupposti perché le radici delle nuove piante installate possano penetrare facilmente in profondità, dove è più facile trovare l’acqua necessaria allo sviluppo.

Lo scavo e la preparazione del terreno è rivolto quindi a creare le condizioni più favorevoli per questo sviluppo. Si procede quindi allo scavo del terreno che viene rivoltato e  mescolato a una parte della biomassa disponibile. Si distribuisce in questa fase anche parte della soluzione microbica preparata. Si livella e si distribuisce nuovamente della materia organica sulla superficie, nuovo potenziatore e nuova azione di livellamento. Il terreno in tal modo è pronto per accogliere i trapianti.

Step 4 – Posizionamento delle piante

Si procede a distribuire e posizionare le piante ottenute in vivaio. Le piante vanno poste molto vicine tra loro, a circa 50 cm una dall’altra, e distribuite in modo che le diverse specie siano presenti sulla superficie rispettando la loro naturale percentuale di presenza sul territorio, così come determinato dall’indagine sulle specie autoctone svolta nella prima fase. Si parla di distribuire 30-40 specie in modo, ad esempio, che gli alberi siano presenti per il 20%, gli alberelli per il 50%, gli arbusti per il 25% e le tappezzanti per il rimanente 5%; il tutto sfruttando le diverse specie a disposizione. La vicinanza tra le piante è stata pensata per consentire alle stesse di realizzare, nel più breve tempo possibile, una protezione del terreno dall’incidenza del sole: basteranno pochi mesi perché le piante creino un’ombra costante sulla superficie, conservandone l’umidità.

Step 5 – Messa a dimora delle piante

Nella quinta fase si mettono a dimora le piantine (talee radicate) con tutto il pane di terra, versando dell’acqua sul fondo della buca prima di richiuderla per limitarne la dispersione. Si ricopre quindi tutta la superficie con erba secca, paglia, trinciato di legno come pacciamatura. Questo è indispensabile per mantenere l’umidità del terreno e facilitare l’attecchimento e lo sviluppo delle piantine. È fondamentale evitare qualsiasi diretta incidenza dei raggi solari sul terreno, non solo per limitare l’evaporazione, ma per conservare vitale la carica microbica, responsabile della fertilità, sulla superficie.

Step 6 – Irrigazione e diserbo

Non resta che annaffiare l’intera area e lasciare che la natura provveda a se stessa. Da questo momento diventa importante irrigare quanto basta per mantenere il terreno umido finché, dal terzo anno in poi, le piante saranno sufficientemente grandi da provvedere a se stesse e da fare completamente ombra sul terreno. Nel frattempo si dovrà provvedere al diserbo delle eventuali infestanti che, estirpate, vengono lasciate sul terreno come pacciame e futuro concime.

Il bosco così realizzato dopo tre anni è in grado di sopravvivere da solo grazie alle foglie e ai ramoscelli che produce e che concimano in modo naturale il terreno. L’ombra che produce rende non più necessaria la pacciamatura. Inoltre all’ombra di queste piante si forma un microclima umido che favorisce la crescita di tutte le piante. Dopo dieci anni il terreno, inizialmente arido è diventato un vero bosco.

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